La vita di Livia è meravigliosa: è una donna molto bella, ha un lavoro di successo, la sua è una famiglia piena di amore che vive negli agi in un appartamento nel centro di Milano. Ma a un certo punto il marito Federico viene colpito da un male misterioso e debilitante che i medici non riescono a diagnosticare. Nella vita perfetta di Livia entra il caos, una furia che sconvolge tutto: valori, affetti, contesti familiari e sociali.
Ho letto Metti che vivo, il libro d’esordio di Francesca Chelli tutto d’un fiato. Perché è scritto molto bene, perché la storia è avvincente, perché l’autrice racconta con sincerità e passione un’esperienza autobiografica che l’ha duramente provata ma dalla quale è uscita più forte, più lucida e soprattutto consapevolmente grata del proprio valore e del suo vissuto.
Metti che vivo è il racconto lucido, doloroso – a volte anche ironico – di una crisi personale, di coppia e anche famigliare, scatenata da un evento imponderabile come la malattia, un evento che nella sua fatalità può colpire tutti: giovani e e vecchi, donne e uomini, poveri e ricchi. Livia e il marito Federico sono ricchi, belli, vincenti. Oggettivamente invidiabili e invidiati nella loro cerchia sociale. Ma il dolore che si abbatte su di loro, il presente che si sgretola in una litania di visite specialistiche tra i dubbi dei medici e la minaccia di un futuro che diventa indefinibile e pauroso, la solitudine nella quale vivono l’esperienza della malattia è quella di ogni essere umano. Livia, l’io narrante di Francesca Chelli, lo racconta in un’ambientazione glamour e internazionale, un altro elemento autobiografico, che intrattiene dall’inizio alla fine il lettore senza intaccare l’intensità e la verità degli eventi narrati.
Metti che vivo è un libro che ho letto con una particolare curiosità perché conoscevo la storia dalla parte di Federico, il marito di Livia/Francesca che nella realtà è Carlo Pittis, il protagonista di una delle storie di coraggio di cui mi piace scrivere nel blog.
La versione di Francesca mi ha catturato per la sua sincerità e per la capacità di elaborare con creatività un’esperienza così intima: ha scritto un romanzo vero, con una narrazione sapientemente ritmata da flashback e una struttura a capitoli che aggiunge una nota d’ironia al racconto .
L’autrice, che dopo una carriera manageriale di successo ha un blog di lifestyle e un profilo Instagram molto seguito, ha scritto il suo primo libro quasi di getto: “Ho iniziato ad elaborare l’idea lo scorso aprile – ricorda Francesca che ho intervistato durante una delle presentazioni del romanzo – quando mio marito ha subito un intervento importante dopo una patologia misteriosa che non si scopriva. Durante il suo ricovero ho cominciato a provare delle sensazioni particolarmente intense che non volevo perdere: da qui ho cominciato a scrivere”.
Che sensazioni erano?
“Di vita: lo scoramento per i momenti difficili che avevo vissuto fino a quel momento e nello stesso tempo una sensazione di grande positività, perché si era capito la causa della sua malattia. La sofferenza ci porta a toccare le nostre corde più intime e a matere in discussione tutte le nostre certezze: cambiano le priorità e cambiano anche i desideri. Ho sentito l’esigenza di raccontare ciò che mi accadeva in forma di romanzo. Da lì sono nati i personaggi, alcuni reali e riconoscibili, altri assolutamente di fantasia che premevano per emergere ed evolvere nella storia in un certo modo. Mi sono trovata così a vivere una seconda vita parallela, che era il racconto del mio romanzo. Una sensazione meravigliosa che non avevo mai vissuto: in quel periodo complesso, nei cinque mesi di ricovero in ospedale di mio marito, andando su e giù per Milano e poi per gli impegni di lavoro, il romanzo era diventato la mia seconda casa. Nel mezzo della notte, quando le figlie dormivano, riprendevo il contatto con i miei personaggi e portavo avanti questa storia con ampi flashback del mio passato, lontani dal mio presente eppure, evidentemente, importanti”.
Quanto c’è di te di Livia?
“Tanto: Livia è una donna che passa attraverso il fuoco e che ritrova tutta se stessa. Metti che vivo è l’esperienza di una sofferenza ma anche un percorso catartico di cui, come la protagonista del libro, sono grata. Ho raccontato tanto di me, mi sono messa in gioco, ma alla fine del percorso ho scoperto la parte migliore di me, risorse che non credevo di possedere. E il piacere per la scrittura”.
Metti che Francesca Chelli scrive un nuovo romanzo?
Metti che Vivo, Francesca Chelli, La Torre dei Venti, 2020, pag. 192.
2 Comments
Francesca
22 Giugno 2020 at 8:59Cara Paola davvero una recensione e un’intervista che toccano il cuore del mio romanzo e il mio. Mi ha commosso leggere le tue parole: sono la fotografia sensibile e precisa di quello che ho voluto trasmettere ai lettori e nella vita.
Paola
22 Giugno 2020 at 10:15Grazie Francesca, il tuo libro è proprio bello.