Le cose belle nascono preferibilmente in posti belli, come lo studio milanese di Silvia Stella Osella, co-fondatrice di Iluut, un brand di moda sostenibile ‘made in Europe’ ideato da tre ragazze di tre diversi paesi ma unite dalla volontà di creare abbigliamento bello, etico e a prezzi accessibili.
Silvia è la rappresentante italiana del progetto, le altre sono la finlandese Elina e la britannica Vj. Sono tutte e tre giovanissime: Silvia ed Elina hanno rispettivamente di 32 e 31 anni, Vj solo 29. Si sono conosciute attraverso le piattaforme social e portano avanti il brand fondato quattro anni fa, ognuna nella propria città – Milano, Helsinki, Londra – dove svolgono professioni di tutto rispetto: Elina è account nel settore della pubblicità, Vj è fashion designer con collaborazioni con brand del lusso, mentre Silvia è un’affermata textile designer.
Dopo la laurea in Illustrazione allo Ied di Torino, i successivi corsi di formazione in textile design alla Central Saint Martins di Londra e una proficua esperienza di designer tessile presso il Gruppo Miroglio ad Alba e poi a Roma presso Società Europa Tessile, Silvia Osella ha lasciato qualche anno fa l’impiego di dipendente per diventare freelance. Una decisione coraggiosa ma azzeccata: dopo il trasferimento a Milano dove ha aperto il suo studio, tra i suoi clienti annovera brand come Zara, Adidas, Dundop, Armani e molti altri nel settore dell’abbigliamento ma anche dell’interior design come Wall&Deco per la quale disegna grafiche per le carte da parati.
Per parlare di Iluut, Silvia mi dà appuntamento in uno spazio affacciato su un bellissimo cortile vecchia Milano e definito da colori, illustrazioni e campioni di tessuto. Un luogo che la racconta quanto il suo sorriso aperto, la parlata tranquilla con la quale esprime pensieri meditati ma sempre vivaci.
Iluut è un progetto internazionale di moda sostenibile tutto al femminile, dalla formula essenziale ma ricchissimo di contenuti in termini di design, qualità del prodotto, trasparenza della filiera, soluzioni organizzative, modello di business e finalità etiche. Letto al contrario, Iluut diventa Tuuli, termine che in finlandese significa vento: un elemento naturale e trasparente ma capace di spostare le cose, di generare il cambiamento.
Lo ha scelto Elina Carell, l’ideatrice del progetto che quattro anni fa, quando l’attenzione verso la sostenibilità era ancora molto bassa, lancia un video su Youtube dove racconta il suo sogno di creare una moda sostenibile, etica e dai prezzi democratici. Per questo cerca professionisti motivati per formare un team. Silvia intercetta il video di Elina su Linkedin e si mette subito in contatto con lei: “E’ stato un incontro assolutamente casuale avvenuto in un momento particolare della mia vita. Lavoro anche per i colossi del fast fashion ma cercavo alternative a quella produzione per applicare e prestare le mie competenze alla realizzazione di qualcosa di positivo. Da sola non ce l’avrei mai fatta a mettere in pratica i miei intenti ma con Elina è nata subito un’intesa che si è completata con il coinvolgimento di VJ nel team”.
Iluut è nato e continua a svilupparsi attraverso le piattaforme di condivisione social. Elina, Silvia e Vj si sono incontrate di persona in pochissime occasioni ma comunicano via Skype e messaggiano tutti i giorni su Whatsapp. Aggiornano le loro tabelle di lavoro sul software MeisterTask e condividono delle bacheche su Pinterest. “Abbiamo un bellissimo rapporto fondato sull’intento di valori, pratiche e obiettivi. Soprattutto condividiamo nell’immediato una stessa visione sull’estetica del brand. A me è sempre piaciuto lo stile nordico, l’estetica pulita che crea capi senza tempo. Un gusto che ben si sposa con la pratiche della moda sostenibile, il senso di un abbigliamento che ti accompagna nel corso della vita seguendo l’evoluzione del tuo corpo e delle sue forme, come il pancione durante la gravidanza”.
In Iluut accurata è la ricerca dei materiali naturali utilizzati come il lino e il cotone biologico ma anche il Tencel, una viscosa certificata dal Forest Stewardship Council prodotta dalla rigenerazione della cellulosa di legno dall’azienda austriaca Lenzing. I tessuti utilizzati, sottoposti a tinture ad acqua con stampe vegetale, sono elencati nella descrizione dei capi della collezione in vendita online. Camicie, camicioni, abiti i nei colori del blu, dell’azzurro tenue, del verde salvia e del rosa e ultimamente t-shirt in cotone biologico.
“Nel sito abbiamo attivato la sezione Trasparenza, con l’elenco completo dei materiali e dei fornitori. Con post su Instagram descriviamo la storia dei capi attraverso il dettaglio del costo di tessuto, manodopera, rifiniture – spiega Silvia -. Alla fine il 90 per cento dei nostri tessuti risulta made in Europe, come la fibra del lino che viene da coltivato in Normandia”.
Per contenere i prezzi dei capi, il modello di business di Iluut si basa sulla vendita online sul sito aziendale o sulla piattaforma sostenibile weecos e su un’efficace promozione via Instagram. “Passando al retail i prezzi salgono. Quando siamo stati selezionati da Yoox per la sezione sostenibile Yooxygen, abbiamo realizzato in esclusiva una capsule di capi invernali”.
La campionatura è realizzata ad Helsinki, la produzione in Estonia, a Tartu, una località al confine della Finlandia. “Ci appoggiamo a un atelier di sette donne che, in opposizione al dumping sulla manodopera tessile, hanno scelto di lavorare solo con brand che realizzano abbigliamento sostenibile ricevendo pagamenti adeguati. Con il nostro lavoro guadagnano il 40 per cento in più rispetto alla media nazionale estone nel settore del tessile, in un laboratorio accogliente, bello e luminoso”.
Da start-up innovativa, Iluut ha ottenuto il finanziamento per la prima collezione con una campagna di crowdfunding attivata sulla piattaforma Indiegogo. “Non avevamo capitali e così Elina ha prodotto a sue spese il campionario, poi è salita in macchina per un tour di settemila chilometri attraverso l’Europa per incontrare di persona tutti i nostri fornitori. Raccontavamo tutto anche attraverso post su Instagram dove i nostri follower potevano avanzare domande e richieste di chiarimenti. E’ stato tutto documentato: dai semi di lino piantati nei campi in Normandia, all’atelier in Estonia, alle stamperie del comasco e così via. Vj ed io ci siamo alternate accanto a Elina per dei tratti di strada. Nel frattempo è partita la campagna online con l’offerta a pre-acquistare i capi in campionario e finanziare la collezione”.
Il crowdfunding ha funzionato: Iluud ha chiuso la campagna superando del 20 per cento la base di 15mila euro richiesti. In tre anni l’azienda ha raggiunto il pareggio e comincia ad ottenere i primi guadagni.
“I nostri margini sono bassi perché abbiamo scelto di realizzare capi di qualità a un prezzo accessibile, un risultato non facile in assenza di grandi volumi – spiega Silvia -. Siamo una struttura snellissima, seguiamo tutto in prima persona, non solo design e strategia commerciale ma anche la promozione sui social all’attività di ufficio stampa con i media tradizionali. Attraverso il modello del pre-ordine produciamo solo il necessario in coerenza alla politica zero waste”.
I pochi scarti tessili generati durante la produzione dei capi vengono raccolti sistematicamente e, una volta raggiunto un certo quantitativo, inviati in Marocco, nel deserto di M’hamid, dove una cooperativa di donne sostenute dall’organizzazione belga di fair trade Carpet for Life mantiene viva la tradizione dei tappeti berberi : “La cooperativa utilizza scarti tessili da tutta Europa che però spesso sono in poliestere. Con i nostri tessuti invece si possono realizzare tappeti in fibre naturali di migliore qualità”.
Il racconto delle pratiche virtuose di Iluut si conclude in bellezza, con il sostegno a un progetto charity: “Il 5 per cento del nostro margine è stato finora destinato a Pencils of Promise, una piattaforma online di fundraising impegnata nella scolarizzazione di comunità nelle zone disagiate del mondo. Con Iluut abbiamo contribuito a costruire una scuola in Ghana che ha iniziato i lavori! Ora stiamo cercando un nuovo progetto. Ci piacerebbe qualcosa finalizzato all’empowerment femminile, dedicato a bambine nei paesi in via di sviluppo”.
Nel frattempo le tre ragazze di Iluut si preparano al prossima sfida: “In pochi anni abbiamo raccolto risultati considerevoli ma adesso siamo alla ricerca di un investitore che creda in noi e ci permetta di compiere un salto di qualità agendo su altri fronti. Quando abbiamo creato il nostro brand eravamo praticamente soli. Ora i marchi sostenibili si stanno moltiplicando, soprattutto nel Nord Europa. Abbiamo la forza di un’immagine internazionale e riconoscibile e vogliamo crescere più velocemente”.
Se qualche imprenditore illuminato è all’ascolto, questa è una start-up che merita attenzione.
1 Comment
Paola
16 Dicembre 2018 at 17:02Davvero ammirevole